Ingegneria dell’uguaglianza

ago 29, 2012 0 comments
Di Massimo Turrisi
 Rinascita
C'è una schizofrenia dilagante su termini di carattere puramente intellettivo come la democrazia, la libertà, l’uguaglianza.
Ma guai a farlo notare, si rischia di passare per nazista. Ci troviamo in una dittatura capitalistica dove c’è l’aggravante di non poter neanche riconoscere il dittatore; subiamo in continuazione il lavaggio del cervello su libertà e uguaglianza per farci credere siano categorie personali e non condizioni dell’essere: sono condizioni perché si realizzano in forza delle relazioni con il contesto, fatto dal sistema dove esistono anche gli “altri”.
E la aberrazione del concetto di uguaglianza parte dentro il nostro cervello, con una serie di varianti che distruggono ogni logica e principio di non contraddizione, fatto in forza della falsificabilità popperiana. Infatti l’uomo tutto è tranne che essere coerente che applica tale principio.
Per fare un esempio banale se ci muore la madre siamo capaci di piangere due giorni, muoiono 10 mila bambini al giorno, ed è una notizia come un’altra… Allora siamo noi i primi a non considerare uguali tutti se non in forza a certi contesti, per esempio la parentela o la prossimità: mi abita vicino… Dunque il pensiero secondo il quale siamo tutti uguali ha già una variabile, ossia siamo tutti uguali ma se qualcuno è parente certamente è più uguale degli altri (direbbe Orwell).
Eppure il voler imporre una uguaglianza industriale serve. Serve a chi ha un unico fine: quello di proiettarci nel progetto generale di formare pezzi di ricambio per il sistema.
L’ingegneria della uguaglianza psicologica ha diversi aspetti positivi, naturalmente solo per il sistema. Livellare il più possibile le aspirazioni, eliminare le identità, reprimere le unicità, pianificare ed impiantare il pensiero unico, incentivare l’emulazione ed il controllo in modo da far sentire scarto il “diverso” verso il controllo e la gestione industriale dell’umanità “uguagliando” prodotti, vita, orari, malattie, pensieri, film, bevande, ecc.
L’uguaglianza così com’è stata impiantata è una droga che viene ricercata da tutti e più la si usa più si diventa tossicodipendenti e ci si rovina.
Naturalmente sarà frainteso ma non importa, invece è importante che passi la follia dell’umanità che non ha niente di sapiens sapiens. Come fa l’80% della popolazione mondiale a vivere con meno del 15% delle risorse del pianeta, ed il 20 per cento con la restante parte della ricchezza? Chi è che non ha capito il significato della parola uguaglianza? Oppure non è chiaro cosa significhi uguaglianza? Oppure di uguale c’è solo il trattamento delle pecore? Cosa non è stato capito? Come mai oltre 6 miliardi di persone non capiscono il concetto di uguaglianza? Forse è concetto difficile, oppure irrealizzabile o è uno specchietto per le allodole? Perché, soprattutto quando l’uomo diventa sempre più dipendente della industrializzazione c’è la necessità di uguagliargli la vita, forse per renderlo sempre più intercambiabile?
Gira nel mondo del lavoro la famosa frase che esplicita perfettamente questo concetto, “tutti sono utili nessuno indispensabile”, allora l’uguaglianza di fatto è una utilità del sistema? Il sistema non riconosce elementi estranei a prodotti “uguali” fatti in copia proprio perché utili al sistema, l’elemento diverso non trova collocazione nel sistema. L’industria spesso focalizza l’esigenza di avere specializzazioni per il suo sistema produttivo, e c’è la diatriba storica che l’università benché malridotta, sforna (sforma) elementi non proprio adatti al sistema.
L’industria ha la necessità di “risistemare” la formazione dei neo-laureati, un po’ per la decadenza dell’istruzione, un po’ perché, soprattutto, l’università non realizza “prodotti perfettamente uguali” come li vorrebbe l’industria del profitto. Paradossalmente le università private di un certo tipo, fanno uscire “soldatini perfetti” da impiegare nella battaglia del profitto dove vince chi è più competitivo (altro che uguaglianza), dove il manager ragiona (esegue programmi) in termini di margine, di profitto, di crescita ad ogni costo. Senza poi comprendere che se la ricchezza in questo sistema è rappresentata solo dal denaro che è controllato nella sua circolazione in termini di quantità con ogni mezzo, questo significa, che qualcuno fa profitto e qualcun altro sta fallendo o sta morendo, ma questi devono sempre avere l’idea di essere uguali e soprattutto di avere pari opportunità, invece andranno a combattere una guerra di cui non conoscono le vere strategie. La economia neoliberista prevede una uguaglianza di opportunità, peccato che chi è ricco parte molto più avvantaggiato e vincerà quasi certamente sul meno ricco. Cosa c’è di logico, di razionale, di uguale in tutto questo? Niente solo un film che ci proiettano per non farci capire la dittatura che tiene in piedi l’alibi della uguaglianza dell’uomo libero.
L’uguaglianza fluidifica la responsabilità rendendoci inermi e depressi, con il fatto che ci dobbiamo necessariamente livellare e sentire uguali, nessuno si prende la briga di prendersi la responsabilità dell’azione. Questa “ingegneria della uguaglianza industriale” di fatto ci rende inabili ad agire collettivamente, infatti essendo tutti uguali, tutti hanno la stessa sorte ed allora perché mai qualcuno si dovrebbe sentire investito e motivato per fare una rivoluzione che lo renderebbe diverso?
Anzi l’ingegneria dell’uguaglianza prevede la cultura del controllo e del sospetto, ogni uguale deve controllare il grado di uguaglianza dell’altro per incriminarlo, salvo poi desiderare inconsciamente, di emergere e distinguersi. Già il sistema sovietico applicò l’ingegneria dell’uguaglianza in maniera diretta, oggi il neoliberismo la sta applicando in maniera diretta, ossia ti pone le condizioni di contorno al fine di avere un solo pensiero, una sola OGM, una sola banca, una sola industria farmaceutica, una sola casa cinematografica, un solo esercito buono e giusto che porta la democrazia nel mondo… Per fare tutto questo il sistema crea i propri generali, i propri dirigenti, i propri guardiani della verità, i propri “gatekeeper”, allevati e cresciuti già all’interno di famiglie agiate del sistema, solitamente il padre o la madre già fanno lo stesso mestiere (ingegneri dell’uguaglianza - degli altri naturalmente - ricordate il discorso di Monti: i giovani – uguali - si devono abituare a cambiare posto in continuazione). In questo contesto possiamo dunque dire che ci sono diversi livelli di uguaglianze che non interagiscono tra loro e che si reggono attraverso equilibri. Non è facile passare da un livello di uguaglianza ad un altro. Il passaggio da un livello all’altro prevede l’acquisizione dei requisiti del livello superiore, ed in parte l’abbandono di quelli inferiore.
I bambini in Africa certamente sono uguali nel morire di fame, i bambini americani sono certamente uguali, nell’ingrassare con patatine ed hamburger, i bambini italiani sono certamente uguali nel’essere difesi se la maestra si azzarda a pretendere la disciplina in classe, i bambini eschimesi sono certamente uguali a stare al freddo... Dobbiamo rassegnarci di essere irrazionali nel pretendere di attuare cose impossibili poiché innaturali.
E’ mai possibile che sei miliardi non comprendono e non sappiano mettere in pratica questo grande principio della uguaglianza? Spostare l’attenzione sulla uguaglianza è stato il più grande atto di manipolazione mentale che sia stato fatto, infatti nel rincorrere questo principio ci siamo persi una marea di battaglie sui diritti veri, l’uguaglianza non è un diritto al massimo può essere una condizione, le condizioni invece si realizzano solo con i diritti, il diritto è misurabile, l’uguaglianza poiché è un prodotto della filosofia astratta non è misurabile.
I diritti si possono misurare in termini di quantità ed in termini di qualità come l’acqua, la casa, l’istruzione, la salute, ecc. Oggi il vero pensiero stupefacente (nel senso di droga) è proprio nel fatto che siamo tutti convinti fino all’ultimo osso del piede (appunto drogati) di “uguaglianza” come principio inderogabile, ma poi non abbiamo un minimo di eziologia di come questa uguaglianza debba esprimersi.
Se l’uguaglianza è la risultante di una serie di diritti che creano un contesto allora la si può anche accettare, ma se questa è solo una astrazione per imporre il mono pensiero, e soprattutto un comportamento fotocopia per servire il sistema allora è il caso di riformulare un pensiero alternativo all’essenza dell’uomo. Il diritto dell’ ‘essere’ viene confuso con il diritto dell’”essere uguale”: è una tecnica di manipolazione eccezionale poiché sposta l’attenzione da un diritto materiale e contingente (oltre che spirituale) “quello di essere” (senza nulla aggiungere) ad un principio astratto “quello di essere uguale”*.
L’uguaglianza è un qualcosa che si deve “avere”. Il diritto di essere c’è e basta, solo che bisogna esserne consapevoli ma il cammino della consapevolezza viene distolto dalle cose serie e finisce per rincorrere quella astrazione irraggiungibile.
Un aspetto psicologico di malessere sociale che può portare al suicidio potrebbe essere fatto risalire a questa “uguaglianza” imposta per esempio agli imprenditori costretti a stare in un mercato neoliberista competitivo dove si “fallisce scientificamente” per colpa del sistema di emissione monetaria e non certo per incapacità imprenditoriale. Eppure l’evento viene percepito come vergogna di non essere stato capace come gli altri imprenditori, uguale agli altri.
L’Ingegneria della uguaglianza (concetto astratto) comunque venga applicata fa sempre danni.
E c’è da fare molta attenzione al meta messaggio, ossia al messaggio nascosto che c’è sempre dietro ad un concetto astratto, come quello di “uguaglianza”. Per fare degli esempi: poniamo “l’uguaglianza nella italianità” (ossia quando leggiamo scrittori italiani, leggiamo scrittori italiani uguali). Siamo tutti italiani perché c’è lo hanno detto/imposto? Siamo tutti italiani perché stiamo nello stesso territorio fatto sulla carta?
Siamo tutti italiani perché paghiamo tutti le stesse tasse allo stesso dittatore? Siamo tutti italiani perché dobbiamo pagare l’IMU? Siamo tutti italiani perché parliamo la stessa lingua? Siamo tutti italiani perché abbiamo la stessa bandiera? Siamo tutti italiani perché abbiamo lo stesso presidente?
Fino agli anni Novanta dovevamo essere tutti italiani uguali, ora dobbiamo essere tutti europei uguali. Siamo noi, o ci impongono di essere “uguali” con la camicia di forza, per esempio con l’imposizione dell’euro? Possiamo essere uguali a noi stessi e basta?

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