La crisi accorcia la vita

set 24, 2012 0 comments
Di Marco D'Eramo
Negli Stati uniti i bianchi poveri li chiamano con un nome niente affatto carino: white trash. Ma negli ultimi anni l’espressione sta assumendo un significato meno metaforico: nel senso che la società sta buttando costoro nella pattumiera della storia. Uno studio pubblicato il mese scorso da Health Affairs e ripreso ieri dal New York Times rivela infatti che per le donne bianche senza diploma superiore la speranza di vita è diminuita di ben 5 anni tra il 1990 e il 2008: da 78,5 a 73,5 anni; mentre i maschi bianchi senza diploma devono aspettarsi di vivere 67,5 anni, tre di meno che nel 1990. Sono numeri schiaccianti: secondo un esperto «il calo di cinque anni nelle donne bianche Usa fa il paio con il catastrofico crollo di sette anni nella speranza di vita degli uomini russi subito dopo il collasso dell’Unione sovietica». 
Siamo davvero al “postmoderno” e alla fine del “progresso”, non solo della sua ideologia. Eravamo soliti considerare ineluttabile l’allungarsi della vita media, e invece no. La gigantesca redistribuzione del reddito a favore dei ricchissimi si è mangiata i progressi degli ultimi 60 anni in termini non solo di denaro, ma di vita nuda e cruda: le/i bianche/i poveri di oggi sono tornati a quel che negli Usa era la vita media degli anni ’50. 
Certo, i dati vanno presi con le molle, perché nel 1990 senza diploma era il 22% dei bianchi, mentre ora sono la metà (il 12%): cioè, oggi senza diploma restano solo i disperati. E però. La speranza di vita dei bianchi (uomini e donne) senza diploma si avvicina ormai a quella dei neri senza diploma, mentre si allontana sempre di più da quella dei bianchi con almeno una laurea breve: le bianche con diploma vivono 10,4 anni di più (83,9 anni) delle bianche senza, e il gap cresce tra i bianchi laureati che vivono 12,9 anni di più (80,4) dei bianchi senza diploma. Peggio di questi ultimi stanno solo i neri senza diploma che possono sperare di vivere solo 66,2 anni, 14,2 in meno dei bianchi laureati. Certo, è terribile pensare che il divario di reddito, di classe e di razza ti porta via più di 14 anni di vita nel paese più potente e più ricco del mondo. 
E nel corso degli anni questi distacchi sono cresciuti. L’altra America di cui parlava Michael Harrington nel 1962 è sempre più altra. Con alcune novità: tra i gruppi etnici, gli ispanici si rivelano i più longevi, sia donne che uomini, sia nella popolazione generale che tra i senza diploma: anzi latine/i senza diploma vivono sempre più a lungo, mentre bianche/i muoiono sempre prima. 
Tra le cause di questo crollo, c’è in primo luogo il minor ricorso a cure mediche: tra gli adulti in età lavorativa senza un diploma di scuola superiore, nel 1993 non era coperto da un’assicurazione sanitaria il 35%, mentre 13 anni dopo la percentuale era salita al 43. Su questi dati la riforma di Obama sembra non avere ancora inciso: dal 2008 al 2011 nel gruppo tra i 19-25 anni la copertura assicurativa è salita al 71,8% (+ 2,3) perché una parte ha potuto essere coperta sull’assicurazione dei genitori, ma tra i 26-29 è scesa dal 72,3 al 70,3%. 
Nel frattempo sono peggiorati tutti gli altri indici: il reddito mediano (è mediano il reddito per cui la metà delle famiglie guadagna di più di esso e l’altra metà guadagna meno di esso) è passato da 53.759 dollari (in dollari costanti del 2011) a 55.039 nel 2007 a 50.502 nel 2011. In 4 anni gli americani hanno perso il 10% di reddito e sono più poveri anche rispetto a 10 anni prima: sono tornati agli anni ’90. Gli statunitensi che vivono sotto la soglia di povertà sono ormai 48,5 milioni su una popolazione di 303,8 milioni, cioè il 15,9%: nel 2007 il 13,0% e nel 2001 erano il 12,1 %. Per i minori sotto i 18 anni i dati sono ancora più pesanti: oggi il 22,2% (cioè 16 milioni di minori) vive sotto la soglia di povertà, contro il 17,6 nel 2007 e il 16,4 nel 2001. 
Tutto ciò ci dice due cose. La prima è che la crisi sta scavando un solco sempre più profondo tra le due Americhe e che le “soluzioni” adottate sono sempre più punitive per gli strati più disagiati. La seconda è che la presidenza Obama ha fatto molto poco per contrastare questo trend. 


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