Fusione Fredda: Da Fleischmann e Pons a Giuliano Preparata

apr 17, 2014 1 comments

Progetto Cold Fusion Ã¨ il titolo della prima parte di un fumetto recentemente stampato in Italia dalla Panini Comics. L’opera complessiva si chiama La sindrome di Caino e fonde, all’interno della narrazione, magia e scienza, alchimia e fusione fredda.Moderna storia d’inquisizione e alchimia Ã¨ il sottotitolo di un saggio di Roberto Germano, ricercatore indipendente che, per la casa editrice Bibliopolis, ha pubblicato un volume divulgativo all’interno del quale si trova una precisa disamina sullo stato della ricerca scientifica attorno alla Fusione Fredda: storia, diatribe ed esperimenti, situazione della ricerca in Italia e nel mondo.
Questi due esempi, uno romanzato e uno divulgativo, correlati dallo stesso sottotesto misterico, ci aiutano a fare chiarezza sugli aspetti legati alla problematica condizione di ciò che è stata, che è e che sarà la sperimentazione sull’alternativa più controversa alla fusione nucleare “calda” standard.
Ma di cosa parliamo quando diciamo Fusione Nucleare Fredda e perché, fin dalla prima conferenza di presentazione, la questione si è immediatamente posta negli estremistici e dicotomici termini di una polemosfra rivoluzione e burla scientifica? Pionieri da un lato e il mondo accademico dall’altro sembrano infatti essere poli opposti e inconciliabili, ciascuno arroccato sulle proprie posizioni.

Da Fleischmann e Pons a Giuliano Preparata

Il punto di partenza di ogni discorso sulla Fusione Fredda, comunque, verte su cosa sia una trasmutazione nucleare: un’acquisizione o una perdita di nucleoni (protoni o neutroni) da parte di un atomo. Nel primo caso si ha una fusione e nel secondo caso una fissione, fenomeno in cui un nucleo pesante di Uranio, per esempio, tende a rompersi producendo un’elevata energia e altri residui nucleari. In entrambe le modalità di trasmutazione il nuovo nucleo avrà caratteristiche fisiche e chimiche differenti da quelle di partenza.
L’ambito che ci riguarda, tuttavia, è solamente il primo.
Gli echi della deflagrazione di questa “bomba” scientifica furono subito avvertiti dal mondo scientifico ufficiale e dall’opinione pubblica dopo il 23 marzo 1989. L’epicentro di questo terremoto culturale si collocò nello Utah (U.S.A.) e più precisamente a Salt Lake City. Quel giorno Martin Fleischmann e Stanley Pons rivelarono, tramite una conferenza stampa, i risultati delle loro sperimentazioni. I due elettrochimici, originario della Cecoslovacchia il primo e Statunitense della Carolina del Nord il secondo, produssero una fusione nucleare attraverso l’elettrolisi, cioè il passaggio di corrente elettrica fra due elementi metallici (elettrodi) immersi in soluzioni più o meno acquose di acidi e/o sali, di acqua pesante con elettrodi di Palladio (catodo, negativo) e Platino (anodo, positivo), con emissione di neutroni a testimonianza dell’avvenuto processo di fusione. Per acqua pesante s’intende D2O, ovvero acqua (H2O) in cui l’Idrogeno (H), con nucleo formato da un protone, è stato sostituito con il Deuterio (D) isotopo dello stesso Idrogeno ma formato da un protone e un neutrone.
La produzione di calore (e quindi di energia) sarebbe così stata disponibile anche senza temperature stratosferiche, senza costi esorbitanti e senza le tipiche e nocive scorie radioattive, venendo incontro a tre dei massimi problemi che ancora vincolano la fusione nucleare standard: costi, temperature ed effetti inquinanti. Energia libera quindi, a condizione termica ambientale normale e con investimenti economici bassi, il tutto realizzato all’interno di una piccola cella elettrolitica.
Parallelamente all’attività dei due scienziati, anche il fisico Steven Jones, della Brigham Young University, giunse contemporaneamente alle stesse conclusione, seguendo però la traccia lanciata dal geofisico Paul Palmer riguardante i fenomeni nucleari “spontanei” rilevati nelle rocce vulcaniche.
La tempistica e la modalità della comunicazione della scoperta, tuttavia, furono due dei motivi per i quali Pons e Fleischmann furono così duramente osteggiati: l’annuncio tramite conferenza stampa, l’enfasi esagerata dei risultati e il mancato apporto di dati sperimentali concreti, non furono ben digeriti dalla comunità scientifica.
La polemica non si raffreddò affatto e – mentre in Italia un team di ricercatori dell’ENEA (Ente Nazionale Energie Alternative) di Frascati, sotto la guida del professor Francesco Scaramuzzi, trovarono un modo alternativo per ovviare ai costi del Palladio stipando gli atomi di Deuterio nel reticolo cristallino di un metallo – alla seduta di Baltimora dell’American Physical Society del primo maggio del 1989 ci furono nuove sentenze di discredito. Koonin, Lewis e Barnes, tre esponenti del California Institute of Technology, affermarono rispettivamente che non ci si trovava di fronte ad alcuna teoria, ad alcuna emissione di calore e ad alcun neutrone.
Successivamente si accesero delle violente diatribe sia al MIT che all’Università A&M del Texas. Al Massachusetts Institute of Technology, il direttore del dipartimento che aveva provato a riprodurre il fenomeno della Fusione Fredda, Roland Parker, bocciò i risultati ottenuti, mentre Eugene Mallove, caporedattore scientifico dell’ufficio stampa del MIT che aveva sospettato manipolazioni degli esperimenti, lasciò il famoso istituto per fondare, con Arthur C. Clarke, una rivista dedicata proprio alla Fusione Fredda: “Infinite Energy Magazine”.
Nel Texas la polemica scaturì fra Nigel Packham e il giornalista scientifico Gary Taubes, che accusò lo stesso Packham di aver aggiunto volontariamente del Trizio (altro isotopo dell’Idrogeno, composto da un protone e un neutrone) nell’esperimento, negando in questo modo l’indizio che avrebbe comprovato il fenomeno della Fusione Nucleare Fredda.
Contemporaneamente alle importanti conferenze tenutesi alle Hawaii nel ’93, a Texas City nel ’96 e a Vancouver nel ’98, si ebbero le prime applicazioni commerciali, anche se non dichiaratamente esplicitate, ma comunque ottenute grazie alla fusione fredda, attraverso il lavoro di James Patterson, ricercatore indipendente e consulente scientifico, che fondò il CETI inc. (Clean Energy Technology Incorporated). I concetti alla base della sua “cella” adibita alla produzione di un’energia continua e controllata sono la struttura resistente e poco costosa, l’assenza di radioattività inquinante e una riproducibilità continua.
In Italia, il 24 settembre ’97, Rai3 mandò in onda un’inchiesta sulla Fusione Fredda a cura di Gabanelli e Bruno durante la trasmissione Report. Quasi un anno dopo, fu annunciato un accordo fra l’ENEA, l’INFN e LEDA srl per la creazione di un laboratorio congiunto a Frascati, proprio in occasione di un’importante conferenza dei Verdi “Energia & Ambiente. Un programma energetico per lo sviluppo sostenibile”, in cui uno dei relatori, Giuliano Preparata, presentava la sua proposta di scienza verde in cui la Fusione Fredda assumeva un ruolo importante.

La Q.E.D

L’accusa più grande che i detrattori della Fusione Fredda sottolineano è la mancanza di riproducibilità dell’esperimento. In realtà esiste una varietà assai grande di condizioni sperimentali in cui si sono rilevati i fenomeni sotto esame e il risultato è sempre lo stesso: una produzione di energia. Ciò fa pensare a fenomeni di tipo nucleare, sia che si usi una cellula elettrolitica, dei gas, polvere molto fine, scariche elettriche o fenomeni idrodinamici.
Inoltre, le prove del fenomeno, legate alla produzione di energia, sono la presenza delle cosiddette “scorie” nucleari, in realtà pulite, a testimonianza di un’avvenuta fusione e possono essere riassunte in poche righe: emissione di neutroni, sebbene in quantità esigue, produzione di Trizio, principale prodotto di una reazione di fusione nucleare dell’Idrogeno (Deuterio), produzione di Elio, emissione di particelle cariche, di raggi gamma di isotopi radioattivi e, infine, produzione di isotopi non radioattivi.
L’ambito teorico in cui inquadrare tutte le nozioni fin qui accumulate sono il frutto di un lavoro svolto da due scienziati italiani: Giuliano Preparata ed Emilio Del Giudice. Entrambi sembrano inquadrare molti fenomeni anomali, fra i quali anche quelli della Fusione Fredda, all’interno della Superradianza, detta Q.E.D. (Elettrodinamica quantistica coerente). Il loro intento è far luce su aspetti della meccanica quantistica attraverso lo studio del comportamento coerente di una moltitudine di singoli atomi e delle fluttuazioni quantistiche come un fenomeno non esclusivamente legato al caso e alla probabilità.

Ultimi sviluppi

La ricerca, nel frattempo, non si è fermata: nel maggio del 2008 Yoshiaki Arata, insieme al collega Yue-Chang Zhang, ha mostrato pubblicamente ad Osaka un reattore funzionante con pochi grammi di Palladio a un pubblico di circa sessanta persone con il fine di dimostrare la tanto agognata riproducibilità dei fenomeni di produzione di calore da parte della cella a gas di Deuterio in pressione. Nello stesso anno un ricercatore italiano dell’INFN, Francesco Celani, durante l’International Conference on Cold Fusion tenutasi a Washington, ha comunicato di aver ottenuto anomale emissioni di calore da una cella di gas di Deuterio con il catodo realizzato per mezzo di un sottile filo di Palladio.
Tali esperimenti si aggiungono a quelli di Ohmori e Mizuno sull’elettrolisi al plasma, ottenuti senza utilizzare il costoso e raro Palladio né l’acqua pesante al Techincal Report 1862 della Marina U.S.A. e a molti altri che per varietà di approcci e di modalità di sperimentazione tentano di confermare l’originaria e travagliata intuizione di Pons e Fleischmann puntando gli sforzi soprattutto verso la stabilizzazione del processo.

Luca Picco

Laureato in lettere, si sta specializzando in Filosofia e Storia della scienza all’Università di Firenze. Ha lavorato come animatore scientifico al Festival della Scienza di Genova e come docente di un corso breve all’Università delle LiberEtà del F.V.G.
Ha pubblicato un saggio di divulgazione scientifica sulla figura di Paracelso sul sito Ulisse della Sissa di Trieste. Cura un sito internet di divulgazione culturale e scientifica: www.heyokeproject.com.

Fonte:Rivista Scienza e Conoscenza n. 33

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