Qatar, la banca del terrorismo islamico

gen 11, 2015 0 comments
Di Andrea Viscardi
Il Qatar, oramai, potrebbe essere tranquillamente definito come una sorta di stato bifronte – a lungo considerato come un prezioso alleato per l’Occidente – rivela, sempre più, la sua dimensione quasi doppiogiochista e di convenienza, nonchè i suoi legami con la “finanza terroristica“.
Il rapporto pubblicato dal Center on Sanctions & Illicit Finance e qui disponibile, individua inDoha la regione con la maggior concentrazione di donazioni private ai gruppi terroristici islamisti. Secondo le informazioni emerse negli ultimi anni, infatti, in Qatar troverebbero dimora almeno otto dei principali finanziatori di gruppi quali il Fronte al-Nusra, al-Shabaab, al-Qaeda o la stessa ISIS. Tutti, sereneamente, impuniti. Una negligenza – così la definisce, quasi ironicamente, il rapporto – per cui il “regno” di Tamim bin Hamad al-Thaninon può avere giustificazioni; non esiste, infatti, alcuna pressione da parte del popolo per proteggere le connessioni presenti sul territorio con i gruppi radicali ma, anzi, tali pressioni sarebbero interne alle alte sfere delle istituzioni, nella famiglia reale e nel governo.
Nè si può credere che l’incapacità di perseguire tali personaggi sia derivante da un’organizzazione istituzionale carente o un mancato controllo del territorio: basti considerare la limitata popolazione dello Stato, le sue ingenti risorse a disposizione, nonchè la sua dimensione ridotta. Insomma, la realtà è che il Qatar non perseguita a livello giuridico i finanziatori di gruppi terroristici com Al-Qaeda o l’ISIS, per il semplice motivo chenon ha alcuna intenzione nè volontà di farlo: sarebbe paradossale, infatti, credere che la situazione esistente all’interno del Qatar possa essere meglio conosciuta all’esterno che al suo interno.
Sia sufficiente, allora, fare un esempio. Sotto la pressione occidentale e delle Nazioni Unite, Doha ha inaugurato la Financial Intelligence Unit (2004) e un Comitato anti-terrorismo(2010). Due elementi capaci, potenzialmente, di avere un impatto enorme nella lotta contro il terrorismo, tagliando i rami della sua “economia”, privando e isolando diversi gruppi dei propri finanziamenti. Peccato che, in dieci anni di attività la FIU abbia individuato, solamente, una transazione “sospetta”, e che nessuno sia stato indagato dal Comitato.
L’analisi del Center on Sanctions & Illicit Finance, riporta l’esempio di alcuni di questi personaggi. Uno di questi è Abdulrahman al-Nuaymi, soggetto delle sanzioni statunitensi dallo scorso dicembre, e inserito nella blacklist anche dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite. La sua figura è forse una delle più esemplificative degli stretti rapporti che intercorrono tra le istituzioni e le elites qatarine – o, quantomeno, del loro tacito benestare – e i finanziatori di gruppi terroristici. L’uomo è accusato di aver finanziato le cellule iraqene di al-Qaeda sin dal 2003 – e, in misura minore al-Shabaab – con versamenti pari a 2 milioni di dollari al mese, oltre ad essere uno dei fondatori di Asbat al-Ansar, gruppo fondamentalista sunnita libanese. Il Qatar, però, si è rifiutato di arrestarlo.
Tornato a Doha da Instabul dopo essere inserito nella blacklist, l’uomo ha proclamato la propria innocenza e non è stato neanche sfiorato dalla giustizia qatarina. Ma ciò che più sorprende, è la stretta connessione di al-Nuaymi con le istituizoni nazionali: esponente di primo livello della Qatar University – fondata dalla famiglia reale nel 1973 –  è stato eletto, nel 2004, Presidente del Centro Arabo per la ricerca e gli Studi politici. Il direttore generale dell’organizzazione, tale Azmi Bishara, ha ottenuto la cittadinanza qatarina dopo essere scappato da Israele, accusato di aver venduto segreti di stato ad Hezbollah, ed è oggi uno dei massimi consiglieri del monarca per quanto riguarda la Siria e la Libia. Come se non bastasse, Al-Nuayimi, ha ricoperto ruoli di primo piano in diverse organizzazioni, quali la Eid bin Mhammed Al Thani Charitable Association, la Qatar Islamic Bank e la Qatar Football Association e, circa dieci anni fa, ha dato vita ad una ONG, la Global Anti-Aggression Coalition, che, pur proclamando la propria non violenza, sostiene da anni la“resistenza” in Iraq, Somalia e Gaza. Non violenza, forse, ma legami con gruppi terroristici già evidenti, come quando, nel 2007, organizzò una conferenza con l’Islamic Courts Union, una nota organizzazione terroristica somala.
È chiaro, allora, come la situazione qatarina rappresenti un paradosso nell’ambito della geopolitica della lotta al terrorismo. Le istituzioni del paese, appoggiano – anche se marginalmente – i raid statunitensi in Siria e la lotta al terrorismo, o almeno così dicono.Khaled al-Attiyah, ministro degli Esteri qatariota, aveva condannato l’esecuzione di James Foley, sostenendo come il Qatar non appoggiasse i gruppi estremisti. Una dichiarazione, questa, che non può essere annoverata di alcun fondamento, vista la politica permissiva, la protezione e il tacito beneplacito che lo Stato fornisce, da anni, a chi, dal suo interno, finanzia e sostiene la lotta terroristica, in particolar sottolineati i legami che molti di questi soggetti detengono con le elites di potere.

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