IL MOVIMENTO ISLAMISTA TABLIGH EDDAWA: 'ABBIAMO GIÀ CONQUISTATO ROMA'

giu 21, 2016 0 comments


Di Giuseppe De Lorenzo
http://www.ilgiornale.it/

“Roma è già musulmana”. Quando inizia l’intervista con Saydawi Hamid, la guida di una comunità del movimento islamico radicale dei Tabligh Eddawa, gli altri componenti del gruppo stanno dormendo distesi in moschea.
Sanno che l’imam parlerà anche per loro. Fa un certo effetto sentir dire che l’Italia “è stata conquistata, perché abbiamo una grande moschea, perché possiamo predicare liberamente la nostra fede” (guarda il video). E il sorriso sul volto del nostro interlocutore tradisce il fatto che conosca l’effetto delle sue parole.
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“Per ogni aspetto della società - spiega Hamid - l'islam impone una precisa legge”. E loro la applicano. La sera, dopo il calare del sole, leggono il Riyad al-Salihin, il libro dove sono spiegate tutte le regole formali e di comportamento. Quando si dorme in moschea, per esempio, i piedi non devono mai essere rivolti verso la Mecca e il sacco a pelo va purificato con lunghi rituali. Per tagliarsi le unghie, bisogna partire dal dito più esterno e poi seppellirle “perché sono una parte del corpo donata da Allah”. È questa la Sunna: il dettagliato codice di comportamento che ogni fedele è chiamato a seguire. L’unica via dettata dal Profeta. E se la Sunna è una, allora anche l’islam non può che essere unico: “Tutti dovrebbero diventare Tabligh - dicono - perché tutti devono seguire la strada indicata da Maometto”.
Così, se dovessimo sintetizzare i principi dei Tabligh lo faremmo con una parola: sottomissione. Ad Allah, al Profeta e alla legge coranica. Non a caso, per spiegare la relazione tra uomo e Dio, Hamid usa una metafora quanto meno curiosa: “L’uomo riesce a stare in piedi solo grazie alla cacca che ha nello stomaco: cosa può essere quindi di fronte a Dio se si regge solo grazie alla sua cacca?”. E se questi sono i pressuposti, la spiritualità Tabligh non può che essere totalizzante, avvolgente e granitica. Una fede che Hamid non ha esitazione a definire “l’unica religione naturale dell’uomo”. Non il cristianesimo. Non altri credi.
E infatti, quando in moschea provo parlare di Gesù come “figlio di Dio” e non solo semplice profeta, scende un gelido silenzio. Il più anziano balbetta alcune preghiere a bassa voce, come ad esorcizzare la mia “bestemmia”. L’imam mi guarda dritto negli occhi e sussurra: “Come fai a credere a queste fantasie?”. “Quando tornerai all’islam - ringhia di fianco uno dei compagni - non lo penserai più”. Non c’è cattiveria nelle loro parole, eppure nessun cristiano si sarebbe permesso di considerare “fantasie” i dogmi islamici. O almeno non di fronte a un fedele.

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