L'ANALISI DEL NEW YORK TIMES, PERCHE' NON SI PARLA DELLA GUERRA IN YEMEN ?

ott 5, 2016 0 comments
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Un anno e mezzo fa cominciò una delle crisi più gravi e fuori controllo del Medio Oriente, di cui però si parla ancora pochissimo: la guerra in Yemen. L’unico momento di grande attenzione internazionale, durata pochi giorni, avvenne alla fine di marzo 2015, quando l’Arabia Saudita cominciò a bombardare i ribelli Houthi, che da tempo combattevano una guerra civile contro il governo centrale yemenita. Da allora i bombardamenti e gli scontri non si sono praticamente mai fermati e la situazione è peggiorata con l’espansione di al Qaida. Per capirci: la divisione yemenita di al Qaida,AQAP, è quella che rivendicò l’attentato a Parigi contro la redazione del settimanale satirico francese Charlie Hebdo. Migliaia di persone sono state uccise e moltissime altre sono state costrette a lasciare le loro case. Della guerra però si continua a parlare poco: il New York Times ha provato a spiegare il perché, facendo un confronto con la guerra in Siria che invece è ampiamente raccontata; sono riflessioni interessanti perché in buona parte possono essere estese anche a quello che succede qui da noi.
Breve premessa sulla guerra in Yemen. I principali schieramenti che combattono sono due; tre se si considera anche al Qaida. Il primo fa riferimento al presidente Abdel Rabbi Monsour Hadi, eletto nel 2012 dopo la fine del regime di Ali Abdullah Saleh, che aveva governato il paese per oltre trent’anni. Hadi è sostenuto dall’Arabia Saudita, dai paesi del Golfo, dall’Egitto e dagli Stati Uniti. Il secondo schieramento è formato dagli Houthi (un gruppo legato agli sciiti, prima concentrato nel nord del paese e alleato con l’Iran), dalle forze fedeli all’ex presidente Saleh e dall’Iran. La guerra in Yemen è molto complicata: spesso viene interpretata solo come una cosiddetta “guerra per procura” tra Iran e Arabia Saudita, due nemici nella regione del Golfo Persico, alla quale appartiene anche lo Yemen; ma è anche uno scontro violento basato sulla rivalità tra gruppi yemeniti che fanno riferimento a diverse personalità politiche nazionali (Saleh e Hadi) oltre che a differenze religiose (sunniti i sostenitori di Hadi, sciiti quelli degli Houthi). Oggi lo Yemen è controllato per un pezzo dai ribelli Houthi (l’ovest), un pezzo dalle forze che fanno riferimento ad Hadi (centro ed est, al confine con l’Oman) e un pezzo da al Qaida. Nell’ultimo anno e mezzo sono state uccise 10mila persone, sia civili che combattenti.
La prima riflessione che fa il New York Times riguarda in generale l’attenzione sulle notizie di esteri, tra cui le guerre che si combattono in altri paesi: «Gli stranieri spesso esprimono preoccupazione sul fatto che i canali di news statunitensi, per esempio, diano meno spazio alle notizie del resto del mondo rispetto a quello che il resto del mondo riserva alle notizie che arrivano dagli Stati Uniti». È un’osservazione che si può applicare in parte anche all’Italia, dove tradizionalmente l’attenzione dell’opinione pubblica è più concentrata sulle notizie di interni e di politica e dove gli esteri trovano molto poco spazio. Se la si guarda così, l’attenzione per la guerra in Siria è un’eccezione, non la regola: negli ultimi anni ci sono state guerre molto violente e ancora irrisolte, come quella della Repubblica Democratica del Congo, di cui però non si è occupato praticamente nessuno.

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