Moas, ecco conti e attività della Ong nel mirino del magistrato Zuccaro

apr 30, 2017 0 comments
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Di Lorenzo Bernardi
Come operano le Ong che soccorrono i migranti nel Mediterraneo centrale? Chi le finanzia? Dietro le loro attività ci sono davvero soltanto motivi umanitari oppure si nascondono interessi diversi? Sono le domande che in questi giorni si pongono politici e addetti ai lavori dopo le recenti dichiarazioni del procuratore catanese Carmelo Zuccaro (in foto), non troppo differenti e di minore portata rispetto al testo dell’audizione parlamentare tenuta a fine marzo dallo stesso magistrato nell’ambito dell’indagine conoscitiva avviata dal comitato Schengen. Zuccaro in particolare ha puntato i fari sulle entrate della ong Moas. Ecco tutti i dettagli della vicenda di sistema e sulla organizzazione non governativa in questione
I SOSPETTI DELLA PROCURA DI CATANIA
L’ipotesi della procura catanese, ribadita lo scorso 22 marzo dall’audizione di Zuccaro Parlamento, è che ci possano essere contatti diretti fra i trafficanti di uomini e le Ong. Più che un’ipotesi, per Zuccaro quei contatti sono una certezza. L’ha dichiarato apertamente ad Agorà, su Rai 3, aggiungendo che “a mio avviso alcune Ong potrebbero essere finanziate dai trafficanti. Un traffico che oggi sta fruttando quanto quello della droga. Forse la cosa potrebbe essere ancora più inquietante, il perseguimento da parte di alcune Ong di finalità diverse: destabilizzare l’economia italiana per trarne dei vantaggi”. Quali siano questi vantaggi non è stato specificato, e Zuccaro ha sottolineato di non avere elementi giudiziari per avviare un procedimento, anche perché le informazioni – provenendo da servizi segreti di Germania, Italia e Olanda – non sono utilizzabili dalla procura. Però è evidente che il ruolo delle Ong è da chiarire, come ha chiesto lo stesso ministro dell’Interno, Marco Minniti.
COME OPERANO LE ONG?
Tanto per cominciare, secondo un rapporto di Frontex, l’agenzia europea che si occupa di garantire la sicurezza ai confini dell’Ue, le Ong battono in maniera massiccia il Mediterraneo centrale a ridosso delle acqua libiche da poco, più o meno dallo scorso autunno. Sono nove: Save the children, Medici senza frontiere, Proactiva open arms, Sos Mediterranée, Jugend Rettet, Life Boat, Sea watch foundation, Sea-eye e Moas. Operano sostanzialmente pattugliando il mare alla ricerca di gommoni e carrette del mare. Una volta individuati, procedono ai soccorsi, anche se la modalità varia dai mezzi di cui dispongono. Le Ong che lavorano con grosse imbarcazioni caricano i migranti e li portano in salvo. Altre, più piccole, distribuiscono giubbotti di salvataggio e affiancano le barche in difficoltà in attesa di navi più grandi. Il problema, ha denunciato Zuccaro, è che sembra che alcune Ong si spingano in acque libiche, e pare che per farlo spengano il trasponder per evitare di venire individuate. Poi, una volta imbarcati i migranti, dalla Libia si dirigono verso l’Italia. L’altro problema è stato evidenziato anche Fabrice Leggeri, direttore esecutivo di Frontex. Il quale, qualche settimana fa, al quotidiano tedesco Die Welt, ha spiegato come gli scafisti, in alcuni casi, contattino direttamente le Ong. Le richieste di aiuto in teoria dovrebbero arrivare alla sala operativa della Guardia costiera, che dovrebbe inviare sul posto l’imbarcazione più vicina, non necessariamente di un Ong. In realtà i trafficanti, consapevoli della presenza delle Ong, punterebbero alla creazione di quello che Zuccaro chiama “un corridoio sicuro”. “La volontà di creare corridoi sicuri è certamente un dato oggettivo – ha argomentato il procuratore – Loro stanno creando oggi un corridoio che consente un accesso in Italia, che sicuramente è del tutto anomalo. Allora, io mi chiedo: è consentito a delle organizzazioni private di sostituirsi alle forze politiche e alle volontà delle nazioni nel creare questi corridoi e nello scegliere le modalità per creare questi corridoi?”. Una tesi, quella dei contatti diretti coi trafficanti, che comunque i rappresentanti delle Ong hanno smentito. E la portavoce di Frontex, ai microfoni di Rainewsha smentito anche che l’agenzia abbia mai accusato le organizzazioni di operare con i trafficanti.
CHI METTE I SOLDI?
C’è poi una seconda questione che gli inquirenti catanesi vogliono approfondire. E cioè: chi finanzia le Ong? La domanda, va da sé, è centrale per chi vuole far luce sulla presunta collaborazione fra Ong e trafficanti. Rispondere però è complicato, perché una consistente fonte di introiti delle organizzazioni arriva dal cinque per mille dei contribuenti. Eppure, questa è la convinzione degli inquirenti, capire chi sono i finanziatori delle Ong è un tassello importante per avere un’idea della situazione.
Ha detto Zuccaro al quotidiano la Repubblica: “Dai bilanci delle Ong che abbiamo acquisito è evidente che abbiano una disponibilità finanziaria enorme. Ora, se è giustificato che organizzazioni di comprovata solidità come Msf o Save the children possano contare su questa disponibilità, lo è molto di meno per altre. Stiamo lavorando per sapere chi sono questi finanziatori, se oltre quelli dichiarati ce ne sono altri e da dove provengono questi soldi. Che un’organizzazione come Moas possa spendere 400mila euro al mese è un dato che merita un approfondimento”.
FOCUS SU MOAS
“Fondata nel 2013, ha sede a Malta e dispone di due unità (navali, ndr) – ha detto Zuccaro al comitato Schengen – La Phoenix che batte bandiera del Belize, la Topaz Responder, che batte bandiera delle isole Marshall. Sono certamente sospetti i Paesi che danno bandiera a questi assetti navali”, ha detto Zuccaro in Parlamento. Sospetti derivanti dal fatto che i paesi in questione, citando sempre Zuccaro “non sono propriamente in prima fila per la collaborazione con le autorità giudiziarie”.
UNITA’ E COSTI
E poi, sempre su Moas, c’è il tema dei costi. “I costi mensili che si affrontano, compresi i soli costi di noleggio di due droni di ricognizione (usati per pattugliare i mari, ndr) ammontano a circa 400.000 euro – ha dichiarato Zuccaro – In questi costi non sono compresi, ovviamente, quelli per l’acquisto delle navi. Questi sono dati piuttosto approssimativi, ma che hanno un’approssimazione abbastanza affidabile”.
FONDATORI E FINANZIATORI
Zuccaro in Parlamento ha aggiunto: “Per quanto riguarda il MOAS, sappiamo che quelli che hanno finanziato questa ONG sono degli imprenditori italo-americani, Christopher e Regina Catrambone, i fondatori del MOAS. Sappiamo anche quali sono i loro principali sponsor, la stessa Schiebel, l’azienda austriaca che produce i droni di cui quest’organizzazione si avvale, Caritas Germany, Unique Maritime Group e così via. Sono i principali sponsor del MOAS”.
Sempre a proposito di finanziatori, si trova online un approfondimento del Giornale, secondo cui Moas avrebbe “ricevuto 500mila euro da Avaaz.org, la comunità riconducibile a Moveon.org, che a sua volta fa capo al “filantropo” George Soros”. Riscontri di questa donazione si trovano effettivamente su Avaaz.org.
LA REPLICA DEI VERTICI DI MOAS
Regina Catambrone, fondatrice di Moas, ha risposto in un’intervista sul Corriere. “Andate sul nostro sito (www.moas.eu). Ci sono tutti i conti degli anni precedenti pubblicati, con i costi delle varie missioni. Moas è finanziata privatamente. In primo luogo da mio marito e da me, che all’inizio abbiamo investito i nostri danari per l’acquisto della nave e non solo. Ma anche e soprattutto da moltissimi donatori che credono in quello che facciamo, nella nostra professionalità e correttezza, e che per questo decidono di contribuire alla nostra missione”.
Sul sito ci sono effettivamente i rendiconti degli anni scorsi. Si trovano, anche se con una certa difficoltà e tramite Google, quelli del 2015. Ma i finanziatori non sono indicati. Ci sono invece le entrate complessive, che ammontano a 5 milioni 704 mila euro, e le spese complessive, 4 milioni e 396mila euro.
Regina Catambrone, comunque, nell’intervista al Corriere ha rispedito al mittente ogni sospetto di collaborazione con gli scafisti. Sottolineando di essere mossa, come il marito, dalla volontà di aiutare i migranti disperati, ha ribadito che le operazioni di Moas “si sono sempre svolte sotto il coordinamento della Guardia costiera, nel pieno della legalità. Ben vengano le indagini della magistratura perché è giusto che le procure facciano il loro lavoro se c’è qualcosa di sospetto. Noi ci siamo sempre detti pronti a prestare la massima collaborazione e a rispondere a tutte le domande, quando queste arriveranno”.

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